Martirano, quanto è lungo questo tunnel...

La via della guarigione per il Martirano è ancora molto lunga. La settimana scorsa, dopo la bella vittoria interna contro il Mac 3, si parlava di piccoli segnali di ripresa che non dovevano trarre in inganno. E la nuova pesante sconfitta di Conflenti (5 - 1) testimonia proprio questo. Le aquile hanno perso di nuovo, e il passivo è ancora una volta pesante, una brutta costante in questa stagione che sembra maledetta. I numeri sono impietosi. 
Il Martirano è caduto ancora una volta, e ancora una volta a causa delle sue mancanze che, con tutto il rispetto per il Conflenti, sono apparse più decisive dei meriti degli avversari. Non è la prima volta che questa squadra si scioglie come neve al sole dopo le prime difficoltà, non è la prima volta che pazienza, lucidità e compattezza vengono meno non appena la partita si complica un po'.
Era pure partita bene la gara di Conflenti, con il vantaggio di V. Gallo dopo una manciata di minuti dal fischio d'inizio. Ma pochi giri di lancetta dopo, la situazione era già ribaltata, con un terribile ed evitabilissimo uno-due che ha tramortito i martiranesi. I padroni di casa, dimostratisi più squadra rispetto agli avversari, hanno così preso il controllo di un confronto che hanno sempre perso prima di domenica scorsa e che, davanti a tantissimi tifosi, volevano assolutamente vincere. La loro determinazione ha lasciato alle aquile solo qualche briciola, qualche timido tentativo, soprattutto su calcio piazzato, che ha impensierito la retroguardia conflentese senza produrre niente. Nello stesso tempo gli ospiti si sono via via sfaldati, affidando la propria reazione a inutili e inconcludenti iniziative personali, azzerando il dialogo e il fraseggio in campo, ingigantendo in tal modo i meriti di un Conflenti la cui goleada, a ben vedere, è figlia di cinque regali. 
Riflettere su questo dato fa ancora più male. Perdere ci può stare, per carità, soprattutto quando si incontrano avversari più forti, ma regalare partite in questo modo arrendevole ad avversari di pari livello è un qualcosa che non va bene. Si diceva nelle settimane passate che parte dei problemi era da addebitare al modulo temerario, dall'atteggiamento garibaldino che esponeva la retroguardia ad attacchi continui. E ora? Forse, più che di moduli e filosofie di gioco, bisognerebbe tornare a parlare il linguaggio semplice del calcio di terza categoria, un linguaggio forse conosciuto solo da pochi tesserati, che parla di lotta, di sacrificio, di voglia di ringhiare sulle caviglie di avversari che ti stanno deridendo e si sentono fenomeni, di orgoglio per la maglia che si indossa. Un linguaggio che forse conosce bene anche qualche veterano che in questa fase delicata si è allontanato dalla squadra, che probabilmente si starà godendo la vittoria e la forza dei suoi princìpi, ma che sicuramente avrà perso qualche punto agli occhi dei compagni in difficoltà.

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